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prefazione. lxxvii

Fiaba, che niun’altro, salvo l’autore stesso, avrebbe potuto fare altrettanto. «La favola delle tre melarance, scrive Gaspare Gozzi, commedia a soggetto, fu rappresentata la prima volta domenica di sera nel teatro di San Samuele. Io avea fatto proposito di non parlare di commedie fatte all’improvviso e durerei nel parer mio, se questa non fosse di un genere particolare e della condizione di quelle che anticamente si chiamano allegoriche. L’argomento di essa è tratto dallo Cunto delli Cunti, capriccioso e raro libro scritto in lingua napoletana, che contiene tutte le fiabe narrate dalle vecchierelle ai fanciulli. La favola in essa commedia trattata è sopra tutte le altre notissima: chi compose la commedia non si sa, ma viene attribuita a diversi autori. Siasi chiunque si voglia il tessitor di essa, egli ha avuto l’intenzione di coprire sotto il velo allegorico certi doppi sentimenti e significati che hanno una spiegazione diversa dalle cose che vi sono espresse. Avrei troppo che fare se io volessi sviluppare ogni minima parte da quel velame che la ricopre; ma solo alcune poche cose dirò, acciocchè queste poche aprano la via all’udienza di poterne esaminare più altre da sè medesima, quando sarà assicurata che da capo a fondo quelle novelluzze e bagattelle rinchiudono non picciola dottrina. Que’ re di coppe, que’ maghi, quegli scompigli, quelle malinconie, quelle allegrezze dinotano le vicende del giuoco, e l’incantesimo or buono, ora contrario della fortuna in