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prefazione. lix

cena, or a giuoco, or alla finestra, or alla bottega, per sola novità e senza proposito, usando linguaggi corrotti e gergoni di levante, di ponente, di mezzogiorno e di settentrione, tanto faceva che il popolo inalzava di nuovo le voci e accorreva. E così all’apparire della noia riapriva la prima bocca, la quale riusciva come nuova, poi la seconda, poi la terza, poi la quarta e con questa dottrina.... teneva le persone intronate e meravigliate e d’altro non si discorrea per la piazza che di questa persona o vogliamo dire mostro o chimera.»

Dopo questa specie di storia, a modo suo, del teatro Goldoniano, dalle prime prove alle commedie di carattere, da queste alle romanzesche e alle popolari di costume Veneziano, i Granelleschi, già mezzo brilli, fanno entrare il mostro nell’osteria e ne segue un dialogo tra esso ed il Gozzi, che è tutto una diatriba violentissima contro le commedie del Goldoni. Il mostro non sa più che cosa rispondere. Allora, continua il Gozzi, «rizzatosi dalla pancaccia e sbottonandosi dinanzi il vestito a furore, fece vedere ignuda la pancia rigonfia ai Granelleschi. Nel mezzo di quella gran trippa con istupore degli Accademici c’era un altra gran bocca con la quale con voce alta così disse: Campioni e difensori del vero, scusate in carità le strane e diverse cose fatte e dette dalle quattro bocche che sono nel capo di questo mio fratello e bastivi il sapere che tutto fu fatto per amor mio e non per altro. Io mi vi raccomando.