Di un assalto così fiero il Gozzi dava già per ragione il suo amore alle vecchie commedie dell’Arte:
Io sto piangendo pel Teatro morto
E singhiozzando al buco dell’acquaio,1
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e a rinnovarne la gloria conchiudeva preconizzando e invocando il ritorno del Truffaldino Sacchi, che da Lisbona donde avea dovuto ripartire colla sua Compagnia a cagione del terremoto del 1755,2 stava per far ritorno a Venezia:
Deh corra il Sacchi e venga a darci aiuto
Tutti per noia abbiam le faccie oscure;
. . . . . . Tutte le persone
Andranno al Sacchi come ad un convito
E rideranno e dirangii: ghiottone,
Perchè sì t’eri, traditor, fuggito?
Questi dottor ci opprimeano i cardiaci;
Eravam tutti fatti ipocondriaci.
Sappi, che noi facemmo que’ fracassi
All’opre loro e quel picchiar di mane,
Perocchè sentivam certi papassi
A dir, ch’ell’eran cose sovrumane
E che tu eri un istrion pe’ chiassi.
. . . . . . . . . . . . . .
Galoppa e vien per le più mozze vie....3
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- ↑ Ibid., pag. 38.
- ↑ È quello descritto dal Baretti nella Lettera XIX ai fratelli, a Settembre 1760.
- ↑ Tartana, pag. 69.