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xlviii prefazione.

siccome, celiando, si lagnava Carlo Gozzi, se ad ogni occasione di Raccolta non era con gli altri poeti invitato a cantare:

O me infelice! Che vorrà dir questo?
Il Venier fa l’ingresso,
Tutti i poeti a scriver son pregati
Ed io non veggio un messo
Che m’abbia almeno un sonettuzzo chiesto!
Ahi ch’esser deggio de’ dimenticati!1

Combattè da prima contro il Goldoni ed il Chiari, insieme coi colleghi Granelleschi e cogli altri avversari dei due poeti, punzecchiandoli di continuo con libelli e satire, ma finalmente buttò giù buffa, e, ponendosi audacemente a capo degli assalitori, scrisse la Tartana degli Influssi per l’anno bisestile 1756, specie di lunario burchiellesco, col quale, fra altre cose, dileggiava nel peggior modo il Goldoni e il Chiari.2 «O vergogna del secolo cornuto! (scrive altrove in questo proposito il Gozzi). Che più si doveva attendere per accendersi d’un

  1. Vedi: Bibliografìa al N. 5. Versi riferiti anche nelle Opere. Tom. VIII, pag. 219. Ediz. 1772. Per l’Ingresso di S. E. Girolamo Veniero, Procurator di S. Marco.
  2. Carlo Gozzi. Opere. Ediz. 1772, Tom. VIII. Questo libretto fu fatto stampare, dice il Gozzi, da Daniele Farsetti, fondatore dei Granelleschi, nel 1757. — Memorie cit. Part. I, Cap. 34, pag. 272. Ne rinnovò il titolo di Tartana degli Influssi da un vecchio Almanacco Veneziano notissimo, che si pubblicava fin dal secolo XVII sotto il nome di Schieson. Vedi: Gamba. Serie degli scritti in dialetto Venez. (Venezia, Alvitopoli, 1832).