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atto quarto 311

Adel. Dì tu da ver! sì cieco sei d’amore?
Cal. Sol d’amore, e di morte io son capace.
Adel. Ah, ben sapea, stranier, che la tiranna
     Di bellezza m’avanza, e sperai solo,
     Che ’l mio cor differente gratitudine
     Potesse ritrovar. Io non mi curo
     De’ disprezzi, che soffro, e sol mi preme
     L’adorabìl tua vita. Deh fuggiamo:
     Salva quella tua vita, io ti scongiuro.
Cal. Adelma, io vo’ morir; son risoluto.
Adel. Ingrato! resta pur; per tua cagione
     Io pur non fuggirò, rimarrò schiava,
     Ma per momenti ancor. Se ’l Ciel m'è contro,
     Vedrem chi di noi due la propria vita
     Sa sprezzar maggiormente a’ casi avversi.
     (a parte) Perseveranza amor premia sovente.
     Calaf di Timur figlio? (alto) Ignoto, addio. (entra)
Cal. Notte più cruda chi passò giammai?
     Combattuto lo spirto da un ardente
     Amor, che mi distrugge. Sfortunato,
     Dall’amata abborrito, circuito
     Da tante insidie, ed intronato il capo
     Da funeste novelle di mia madre,
     Del genitor, del servo, e, quando io spero
     D’esser in porto, in mezzo a chi mi salvi,
     Al colmo d’ogni gioia, trucidato
     Mi vuol chi è la mia vita, e chi tant’amo.
     Turandotte spietata! Ah, ben mi disse
     La tua schiava crudele, a cui non volli