Principessa, i tuoi casi; ma la prima
Cagion de’ mali il fratel tuo fu certo,
Indi ’l padre imprudente. E che mai puote,
Adelma, Principessa, in tuo favore
Un sfortunato oprar? S’io giungo al colmo
De’ miei desir, spera da un core umano
Libertade, e soccorso. Or il racconto
Delle sciagure tue non fa, che accrescere
Mestizia alla mestizia, che m’opprime.
Adel. A te mi palesai, scoprendo il volto.
Noto t'è ’l mio lignaggio, e note or sono
Le mie sventure a te. Vorrei, che l’essere
Nata figlia di Re trovasse fede
A quanto, mossa da compassione,
Giacchè mossa da’ amor dir non ti deggio,
Mi convien palesarti. Oh voglia il Cielo,
Quantunque io sia chi son, ch’un core amante,
Per Turandotte prevenuto, e cieco,
Mi presti fede, ed i veraci detti
Contro di Turandotte non disprezzi.
Cal. Dimmi, Adelma, alla fin che vuoi narrarmi?
Adel. Narrarti io vo’... Ma tu dirai, ch’io sono
Qui giunta per tradirti, e mi porrai
Coll’altre anime vili a servir nate. (piange)
Cal. Non mi tener, Adelma, in maggior strazio.
Delle viscere mie, dì, che vuoi dirmi?
Adel. (a parte) Ciel, fa, ch’ei creda alla menzogna mia.
(a Calaf con fora) Signor, la cruda Turandotte irata,