E più quand’oggi nel Divan ti scorsi.
Mel disse un giorno il cor, che tu non eri
Nato a vili servigi. So, ch’io feci
Quanto potei per te, quando il mio stato
Soccorso potea dar. So, che i miei sguardi,
Per quanto puote una real donzella,
Ti parlavano al cor. (si svela) Dì, questo volto,
Mira, vedesti mai?
Cal. (sorpreso) Che miro! Adelma,
De’ Carazani Principessa! Adelma,
Creduta estinta!
Adel. Di Cheicobad,
De’ Carazani Re, tra lacci indegni
Di schiavitù miri la figlia Adelma,
Per regnar nata, ed a servir ridotta,
Miserabile ancella, oppressa, afflitta. (piange)
Cal. Morta ti pianse ognun. Qual mai ti veggio!
Del gran Cheicobad figlia! Regina!
In catene! vil serva!
Adel. Sì, in catene.
Non istupir, non isdegnar, ch’io narri
Delle miserie mie l’aspra cagione.
Ebbi un fratel, che fu cieco d’amore,
Come sei tu, di Turandotte altera.
S’espose nel Divan. (piangendo) Fra i molti teschi
Fitti sopra alla porta, avrai veduto,
Spettacolo crudele! il capo amato
Del caro mio fratel, ch’io piango ancora. (piange dirottamente)