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302 Turandot


SCENA NONA.


Adelma, velata la faccia, con un torchietto, e
Calaf che dorme.



Adel. (da se) Tutte le trame mie non saran vane.
     Se invan tentossi aver i nomi, invano
     Forse non tenterò di meco trarlo
     Fuori da queste mura, e farlo mio.
     Sospirato momento! Amor, che forza
     Sin’ or mi desti, e ingegno; e tu, fortuna,
     Che modo mi donasti, onde potei
     Tanti ostacoli vincere, soccorri
     Quest’amante affannata, e fa, ch’io possa
     Giugnere al fin de’ miei disegni audaci.
     Fammi contenta, amor. Fortuna, spezza
     Queste di schiavitù vili catene. (guarda col lume Calaf)
     Dorme l’amato ben. Ti rassicura,
     Cor mio; non palpitar. Care pupille,
     Quanta pena ho a sturbarvi! Ah, non si perda
     Un momento a’ disegni. (ripone il lume, poi
     con voce alta
) Ignoto, destati.
Cal. (destandosi, e levandosi spaventato)
     Chi mi risveglia? chi sei tu? che chiedi.
     Nuova larva insidiosa? avrò mai pace?
Adel. Qual furor! Di che temi? In me ravvisa
     Una donna infelice, che non viene
     Per saper il tuo nome, e, se pur brami
     Di saper, chi io mi sia, siedi, e m’ascolta.