Rossor la prende a comparir dimani,
Dopo tante, benchè crude, vittorie,
A farsi dileggiar dal popol tutto.
S’apra l’abisso, e questa schiava inghiotta,
Se menzogna vi dissi.
Cal. Non chiamarti,
Donna, sì gran sventure. Io già ti credo.
Or via, dì a Turandotte, ch’io ben posso
Sospender il cimento. Miglior fama
Ella s’acquisterà, che co’ cimenti,
A cambiar il suo core, a far palese.
Che di pietà è capace, che risolta
È di darmi la cara amata destra
Per consolar un disperato amante,
Un padre, un Regno. Il tuo felice annunzio,
Serva, saria mai questo?
Zel. No, Signore;
Non pensiamo così. La debolezza
Scusar si deve in noi. La Principessa
Una grazia vi chiede. Ella sol salva
Vuol la sua vanagloria, e nel Divano
Que’ nomi poter dire; indi pietosa
Discender dal suo trono, e la sua destra
Con atto generoso unire a voi.
Qui siamo soli; a voi poco ciò costa.
Guadagnate quel cor. Sì bella sposa
Tenera abbiate, e non sdegnata, e a forza.
Cal. (con sorriso) Al terminar quest’ultimo discorso,
Schiava, ommesse hai le solite parole.