Alt. Che pensi, o figlia? a che vaneggi, ondeggi
Combattuta, e confusa? e vuoi, ch’io creda
In tanta agitazion, che sei sicura
Di spiegar quell’enigma? Eh cedi al padre!
Tur. (sempre a parte titubante) No: s’attenda
l’amica. Il genitore
Qual zelo prende! Questo è chiaro segno,
Ch'è possibil, ch’io sappia quanto ei teme.
Ama l’ignoto, e dall’ignoto istesso
Ebbe i nomi in secreto, e con l’audace
È in accordo, e mi tenta.
Alt. Or via, risolvi,
Calma quel spirto indomito, finisci
Di tormentar te stessa.
Tur. (scuotendosi) Ho già risolto.
Al nuovo dì là nel Divan s’aduni
L’assemblea de’ Dottori.
Alt. Adunque vuoi
Rimaner svergognata, e condiscendere
Più alla forza, che al padre?
Tur. Risoluta
Vo’, che segua il cimento.
Alt. (iracondo) Ah stolta... ah sciocca...
Più ignorante, che l’altre. Io son sicuro,
Che ti fai svergognar pubblicamente,
Che possibil non è, che tu indovini.
Sappi; il Divan fia pronto, ed il Divano,
Per tua rabbia maggior, vinta che sia,
Tempio, ed Ara sarà. Là fieno pronti
I Sacerdoti, e in mezzo al popol tutto,