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276 Turandot

Tim. (sempre piangendo) Non mi rammemorar la
     cara sposa.
     Barach, in meschinello asilo in Berlas
     Tra le passate angosce, e le presenti,
     Cedendo al rio destin, col nome in bocca
     Dell’amato suo figlio, ed appoggiando
     A questo afflitto sen la cara fronte.
     Tra queste braccia sfortunate e stanche.
     Me confortando, spirò l’alma, e giacque.
Bar. (piangendo) Misera Principessa!
Tim. Io disperato
     In traccia dell’amato figlio mio,
     E in traccia della morte in Pechin giunsi,
     E appena giunto il misero mio figlio
     Veggo tra l’armi al suo destin condotto.
Bar. Partiam, Signor. Del figlio non v’incresca.
     Diman fors'è felice; in un felice
     Diverrete anche voi, pur che non v’esca
     Dalle labbra il suo nome, e ’l nome vostro.
     Io quì Barach non son, ma Assan mi chiamo.
Tim. Qual arcano mi dì?...
Bar. Farò palese
     Lungi da queste mura ogni secreto.
     Partiam tosto, Signor, (guarda intorno con sospetto)
     Ma che mai vedo!
     Schirina dal Serraglio! Ohimè! meschino!
     D’onde vieni? a che andasti?