Io seco morirò, (disperato e in atto di seguirlo)
Calaf, Calaf...
Bar. (sorpreso sguainando la scimitarra, e pigliandolo
per un braccio)
Vecchio ti ferma, taci, o ch’io ti uccido.
Chi sei tu! donde vieni? come sai
Di quel giovane il nome?
Tim. (guardandolo) Oh Dio!... Barach...!
Tu quì in Pechin! Tu ribellato ancora!
Col ferro in pugno contro al tuo Monarca
In miseria ridotto, e contro al figlio?
Bar. (con somma sorpresa) Tu sei Timur!
Tim. Sì, traditor... ferisci...
Tronca pur i miei giorni. Io son già stanco
Di viver più; nè sopravviver voglio,
Se i più fidi ministri ingrati or miro
Per interesse vil; se ’l figlio mio
Sacrificato al barbaro furore
Del Sultan di Carizmo io veggio alfine. (piange)
Bar. Signor... misero me!... questo è ’l mio Prence!
Sì, pur troppo ’l ravviso. (s’inginnocchia) Ah mio Sovrano,
Io vi chiedo perdono... Il furor mio
Fu per amor di voi... Per quanto caro
V'è ’l vostro figlio, mai di bocca v’esca
Nè ’l nome di Timur, nè quel del figlio.
Io quì mi chiamo Assan, non più Barach.
(sorgendo, e guardando intorno e agitato)
Ahi, che forse fu inteso. Dite... dite...
Elmaze, vostra sposa, è quì in Pechino?