Di chi cade in miseria la memoria
Facilmente, Barach.
Bar. No, fu imprudenza;
Scusatemi, Signor. Gli sventurati
Anche degl’impossibili temere
Devono sempre. Le muraglie, i tronchi,
Le inanimate cose acquistan voce
Contro gli sfortunati, e tutto han contro.
Io non mi so dar pace. Avete in sorte
Vinta una donna sì famosa, e bella,
Vinto un sì vasto regno al grave rischio
Di quella vita, e poi tutto ad un tratto,
Per fralezza di cor, tutto è perduto.
Cal. Non misurar Barach coll’interesse
Il mio tenero amor. Di Turandot,
Sola mia vita, non vedesti, amico
L’ira, il furor, nè la disperazione
Contro a me nel Divan.
Bar. Doveva un figlio,
Più che al furor di Turandot, già vinta,
Pensar alla miseria, in cui lasciati
Ha i genitor meschini un giorno a Berlas.
Cal. Non mi rimproverar. Volli appagarla.
Tento ammollir quel cor. L’azion, ch’io feci,
Forse non le dispiacque. Una scintilla
Forse di gratitudine ora sente.
Bar. Chi! Turandotte! Ah, mal vi lusingate.
Cal. Perderla già non posso. Dì, Barach,
Tu non mi palesasti, è ver? Avresti
Alla tua sposa detto, chi io mi sia?