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prefazione. xxxi

Fra le picciolezze, delle quali Venezia s’appassionò di più nel secolo scorso, furono le rivalità del Chiari, del Goldoni e del Gozzi; picciolezze, dico, non già per la «battaglia teatrale combattuta allora,» che «sarebbe segno di cultura e di svegliatezza, da onorarsene un popolo,1» ma per le forme, che assunse tale battaglia, e le personalità, le bassezze, le volgarità, i pettegolezzi, che vi si mescolarono e che pur riescirono a mettere «tutta la città in movimento.2» Antesignana della lotta fu l’Accademia dei Granelleschi, alla quale era ascritto Gaspare Gozzi e, dopo il ritorno dalla Dalmazia e le vicende domestiche, alle quali ho accennato, s’ascrisse anche Carlo, le cui buone relazioni col fratello non erano mai cessate del tutto, nonostante che Gaspare, durante i litigi, che travagliarono e divisero la famiglia, avesse esposto a ludibrio nel teatro, (di cui per sua disgrazia era impresario e poeta) il fratello Carlo, una dama,3 pretesa amante di questo, e trovatasi a caso mescolata nelle baruffe domestiche dei Gozzi, e l’avvocato di Carlo personaggio autorevole e generalmente stimato.4 Singolare (nota il D’Ancona5) questa libertà aristofanesca del teatro sotto un go-

  1. D’Ancona, Op. cit.
  2. Gozzi, Memorie cit. Parte I, Cap. 34, pag. 293.
  3. La Contessa Ghellini Barbarigo-Balbi.
  4. Antonio Testa. Vedi il Capit. 28, P. I, delle Memorie di Carlo, intitolato: «Non crederei ciò che contiene il seguente Capitolo, se non l’avessi veduto.»
  5. Op. cit.