Sì generoso, tanto innamorato
Può destarvi nel seno odio, e puntiglio?
Tur. Non tormentarmi... sappi... ah mi vergogno
A palesarlo... ei mi destò nel petto
Commozioni a me ignote... un caldo... un gelo...
No, non è ver. Zelima, io l’odio a morte.
Ei della mia vergogna nel Divano
Fu la cagion. Per tutto il Regno, e fuori
Si saprà, ch’io fui vinta, e riderassi
Dell’ignoranza mia. Dimmi, se ’l sai,
Soccorrimi, Zelima. Il padre mio
Diman vuol, che nell’alba si raduni
L’assemblea de’ Dottori, e, s’io mal sciolgo
L’oscurissimo enigma, ch'è proposto,
Vuol, che seguan le nozze in quel momento.
Di chi figlio è quel Principe, e qual nome
Porta lo stesso Principe, ridotto
A mendicar il pane, a portar pesi
A prezzo vil per sostener la vita;
Che giunto al colmo di felicitade
È sventurato ancor più che mai fosse?
Lo scorgo ben, che questo sconosciuto
È ’l Principe proposto; ma chi puote,
Del padre il nome indovinar, e ’l suo?
S'è sconosciuto? Se l'Imperatore
Grazia gli diè di star occulto insino
Alla fin del cimento? Io l’accettai
Per non ceder la destra. Ah ch'è impossibile
Ch’io l’indovini. Dì, che far potrei?
Zel. Quivi in Pechin v'è ben, chi l’arte magica