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264 Turandot

     E sino a quando una mia pari deve,
     Come ancella, servir? Gli sforzi estremi
     Per simular m’hanno già resa inferma;
     Di giorno in giorno io mi distruggo, come
     Neve al sol, cera al foco. Dì, conosci
     In me più Adelma? Io risoluta sono
     Oggi d’usar quant’arte posso. Io voglio,
     Per la strada d’amor, di schiavitude,
     O di vita fuggir.
Sch. No, mia Signora...
     No, non è tempo ancor...
Adel. (con impeto) Va, non tentarmi,
     Ch’io soffra più. D’un solo accento, un solo
     Non molestarmi ancora. Io tel comando.
     (la schiava, fatto un inchino con una mano alla
     fronte, timorosa partirà)
     Ecco la mia nimica, accesa l’alma
     Di rabbia, di vergogna, forsennata,
     Fuor di sè stessa. È questo il vero punto
     Di tentar tutto, o di morir. S’ascolti. (si nasconde)


SCENA SECONDA.

Turandot, Zelima, indi Eunuchi.


Tur. Zelima, più non posso. Sol pensando
     Alla vergogna mia, sento, che un foco
     L’alma mi strugge.
Zel. Come mai. Signora,
     Un sì amabile oggetto, un sì bell’uomo,