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156 | ilre cervo. |
Da’ servi indegni, e da’ ministri infidi!
(guarda verso la porta) Angela si presenta. Io giuro al Cielo,
Che ad iscoprir costei bugiarda, e finta
M’increscerà. Desidero trovarla...
Ma folle desiderio! Il lungo esempio
Lusinga non mi lascia... Eppur... vorrei...
Ah ch’io vaneggio... Ordigno, il ver palesa.
SCENA DODICESIMA.
Angela e Deramo.
Ang. (con nobile francheggia) Qui son, mio Re, per un decreto vostro;
Se sia giusto, noi so.
Der. (a parte) Che bell’ardire!
Siedete pure; ingiusto io mai non sono.
Ang. (siede) Siete Re. Chi può aver coraggio mai
Di bilanciarvi in faccia, e farvi chiara
L’ingiustizia talor de’ vostri editti?
Der. Angela non mi sembra di coraggio
Sì scarsa, a quel ch’io sento, che timore
Abbia a rimproverare il suo Sovrano.
Pur, se a bastanza non ne avesse, io voglio
Ch’ell’abbia intera libertade in dono.
Franca ragioni. Offesa io non ricevo.
Ang. (a parte) (Ah mi lusinga, e mi tradisce il barbaro...
Povero cor! ) E qual giustizia ha. Sire,