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154 | il re cervo. |
Smer. ('con gesti di dolore caricati) Crudel! che mai diceste?
Se non siete empia tigre in volto umano,
Tai discorsi non fate. Ahi ch’io mi sento
Solo in pensarvi dal dolor svenire, (sviene fintamente)
Der. (guarda, come sopra; la statua ride maggiormente) Oh me meschino! Qui convien chiamare
Servi, che portin via questa Lombarda. Smeraldina ciò sentendo ritorna tosto in se)
Signora, il vostro affetto è troppo grande.
Siete in istato vedovile, o siete
Donzella da marito?
Smer. Oh come mai,
Quando vedova fossi, à tal Monarca
Di primizie sol degno, avrei coraggio
D’esibirmi in isposa! Io son pulcella. (con contegno affettato, e facendosi fresco col ventaglio)
Der. (guarda la statua, che riderà smisuratamente con visacci strani, e colla bocca spalancata)
Basta così. Dama Lombarda; andate.
V’accerto, che sin’ora a quante donne
Si presentare a me prima di voi.
Maggior piacer non ebbi. Andate, andate;
Risolverò; partite.
Smer. (levandosi allegra) Ah, mio Signore,
Aveva qui nel gozzo un mar d’affetti,