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prefazione. xix


gran giornata prefissa, ma io ricusava di fare una tale comparsa, e per non avere avuto l’invito e per umiltà.

Tuttavia volli divertirmi occultamente e abortire due sonetti l’uno sul primo, l’altro sul secondo argomento, ma risoluto di non fare alcun uso di quelli gli aveva seppelliti nel fondo d’una scarsella. Si deve credere ch’io lodassi col primo la pace e che il secondo fosse un elogio felice, o infelice all’Eccellenza Sua.

Il Provveditor Generale accompagnato dagli uffiziali, e da’ maggiori di quella Città entrò nella sala casotto e si assise in un ricco sedile, al quale si saliva per molti gradini, e uno stormo, non so da dove uscito di Letterati andava posando i loro terghi eruditi in alcuni seggioloni che formavano un semicircolo.

Aveva veduti fuori dal casotto indamascato de’ servi affacendati, che apparecchiavano de’ rinfreschi acquatici, e una gran sete mi molestava.

Credei cosa lecita l’andar a chiedere in cortesia una limonata a que’ servi per dissetarmi ed era da mal consiglio ingannato. Mi si rispose che per un preciso comando, l’atto della misericordia di dar da bere agli assetati era riservato per special privilegio verso gli accademici soltanto.

Questa sgarbata risposta data al sitio di molti uffiziali aveva accesa una muta turbolenza. Mi vergognai di ricevere una negativa tanto increata e mi determinai in sul fatto con viso franco a dichiararmi Accademico per non sofferire rossore, e per espugnare una limonata col titolo di poeta e con due sonetti, ch’era inespugnabile col titolo d’uffiziale e colle armi.... Risuonò l’aere per tre lunghe ore di lunghe dissertazioni ampollose, erudite e di carmi poco soavi. Qualche generalizio sbadiglio onorava di quando in quando l’Accademia e gli Accademici.... Tuonai anch’io nell’Accademia col mio sonetto in lode del nostro Provveditore Generale Quirini. Quest’ultimo Sonetto ebbe la sorte febea di piacere assai all’E. S. e all’universale per conseguenza, egli mi stabilì Poeta nelle opinioni Zaratine. Fece poi nascere una scena