a sè un suo fedel ministro, e disse: Tartaglia; (che tale è il nome dell’eroico ministro) andate, disse, mio fido, all’osteria della Scimmia, e conducetemi Durandarte, il Mago. Ubbidì il fedele Tartaglia, e condusse Durandarte a Sua Maestà. Lungo sarebbe il dire il ricco trattamento che si fece al mio padrone, e basta il sapere, che alla sua partenza lasciò due gran segni di affetto a Sua Maestà in ricognizione. Questi consistono in due gran secreti magici, in due portenti, in due maraviglie di questa natura... Ma io non ve li posso dire, perchè vi leverei la curiosità e il piacere, che il Cielo voglia che abbiate nel vederli. Vi dirò solo, ch’io ebbi l’onore di servire il Negromante Durandarte per quarant’anni, e che giammai nulla potei imparare dalla sua gran virtù. Egli solamente un giorno mi disse: Gigolotti, guai a te, se discorri con nessuno de’ due secreti, ch’io lasciai al Re di Serendippo, prima dell’anno 1762. Vivi sempre con una sottana di panno nero lacera, con una berretta di lana in testa, colle scarpe rotte, e facendoti una volta ogni due mesi la barba, campa la vita raccontando fiabe sulla gran piazza di Venezia. Del 1762 poi, a’dì 5 di Gennaio, da questi due secreti nasceranno gran meraviglie, e tu mi porterai nella vicina selva di Roncislappe in forma di Pappagallo; colà mi lascierai; che col mio mezzo doverà essere punito un tradimento cagionato dal più terribile di quei due secreti, ch’io lasciai al Re di Serendippo. Quando