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atto quinto. 129

     Per le midolle, e qual freddo sudore
     Mi circonda la fronte! Tra le donne
     Chi si trova di me più miserabile?
     Per viver prigioniera al mondo nata,
     O per esser cagion di tanti mali,
     Ch’odio, ed abbominevol creatura
     Mi rendano alle genti. Ah, ben t’intendo,
     Destin; so quel che brami, e ciò che brama
     Per vendetta mio padre. Ahi padre iniquo!
     La mia morte tu brami! Or l’averai. (con atto di disperazione corre, prende il pugnale, e si mette a fianco della statua)
     Jennaro, alma innocente, è ben ragione,
     Che il mio sangue ti lavi, e ti disciolga
     Da quel marmo crudel, che t’imprigiona.
     Io finalmente picciol sacrifizio
     Fo di me stessa, s’esco con la morte
     Da un abisso di lagrime e sciagure,
     Nè a minor prezzo ridonar si puote
     Al fratello un fratel di sì gran merto,
     Qual tu sei, raro al mondo. (con forza) Io ti consacro
     Me stessa, e il sangue mio. (abbraccia la statua, si ferisce: il sangue spruzza nella statua, la quale perde il bianco, e rimane la persona, come prima. Jennaro balza giù dal piedestallo. Nell’atto del ferirsi d’Armilla uscirà Smeraldina con uno strido femminile)

Gozzi. 9