Con scherzi e baci furo, e che giammai
Godergli potè l’un senza dell’altro. (Millo commosso piangerà)
Vi ricorda fratel, che agli aji, ai servi,
Ed a’ maestri io sempre m’accusava
De’ puerili errori vostri, e voi
V’accusaste de’ miei. Ch’unqua di febbre
L’un di noi fu assalito, che mestizia
L’altro non assalisse, e non piangesse;
E le man tenerelle dell’infermo
Stringendo tra le sue, non si staccava
Mai dal suo letto, rasciugando all’altro
Ora il sudor dal viso, ora scacciando
Molesti estivi insetti, ora porgendo
Con prieghi affettuosi i succhi amari
Di medic’arte, con la propria bocca
Assaggiandoli prima, e cuor facendo
Al fratel suo di berli. Or che mai vado
Rammemorando affettuosi modi?
Io vi priego, fratel, che da’ prim’anni,
Sino all’adulta età nostra, un sol tratto
Mi ricordiate, che d’amor non fosse,
Del più tenero amore. E alfin sovvengavi
Dal dì, che il fatal Corvo trafiggeste.
Gli spasmi, le fatiche, i rischi miei;
Che per voi rapitor fui di donzelle,
Ratto fatal! ma che vi diè la vita.
E reo mi giudicaste d’attentati
Contro di voi? Di morte reo, crudele,
Mi condannaste?