In cui scorgo avverar ciò, che sin ora
Io celato vi tenni.
Arm. E che tenesti
Celato? Dillo, e più m’opprimi il core.
Smer. Io vel dirò. Quando nasceste, il padre
Vostro, Norando, volle i Sapienti
Consultar sopra voi. N’ebbe in risposta,
Che per l’uccision d’un certo augello
Di nere penne consacrato all’Orco,
Voi rapita sareste, e che dal ratto
Nascerebbon miserie, e strazi, e morte.
Ch’ei stesso, da crudel barbara stella
A forza mosso, diverria inumano,
Cieco ministro delle più tiranne
Occasion d’angosce. Eccovi, Armilla,
La cagione, per cui dal padre foste
Austeramente custodita e chiusa.
Ma che! cede al destino ed alle stelle
L’umano ingegno, ed avverato è alfine
Il vaticinio. Deh fuggiamo, Armilla,
Pria che s’avveri in tutto. Non vogliate
Rimaner spettatrice d’inaudite
Stragi, e di sangue sparso, e d’altri orrendi
Inaspettati casi.
Arm. Io fuggir? Come
Potrei staccarmi dall’amato sposo?
Non fuggirò. Forse la mia presenza
Qualche riparo potrà opporre. Alfine
Morte tronca ogni angoscia: io non la temo.
(entra)