Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/329


atto quarto. 107

     In cui scorgo avverar ciò, che sin ora
     Io celato vi tenni.
     Arm. E che tenesti
     Celato? Dillo, e più m’opprimi il core.
     Smer. Io vel dirò. Quando nasceste, il padre
     Vostro, Norando, volle i Sapienti
     Consultar sopra voi. N’ebbe in risposta,
     Che per l’uccision d’un certo augello
     Di nere penne consacrato all’Orco,
     Voi rapita sareste, e che dal ratto
     Nascerebbon miserie, e strazi, e morte.
     Ch’ei stesso, da crudel barbara stella
     A forza mosso, diverria inumano,
     Cieco ministro delle più tiranne
     Occasion d’angosce. Eccovi, Armilla,
     La cagione, per cui dal padre foste
     Austeramente custodita e chiusa.
     Ma che! cede al destino ed alle stelle
     L’umano ingegno, ed avverato è alfine
     Il vaticinio. Deh fuggiamo, Armilla,
     Pria che s’avveri in tutto. Non vogliate
     Rimaner spettatrice d’inaudite
     Stragi, e di sangue sparso, e d’altri orrendi
     Inaspettati casi.
     Arm. Io fuggir? Come
     Potrei staccarmi dall’amato sposo?
     Non fuggirò. Forse la mia presenza
     Qualche riparo potrà opporre. Alfine
     Morte tronca ogni angoscia: io non la temo.
     (entra)