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98 il corvo.


E di musiche voci, il desiato
Nodo seguì. Ma che? l’aere del Tempio
S’empiè di gufi, e d’altri augei notturni,
Di mesti auguri apportatori, e quinci,
E quindi svolazzando, d’ululati,
E di querule voci echeggia il Tempio,
E cento cani, e cento, ch’eran sparsi
Per l’ampia mole urlar di voci orrende.
Dalle ricche pareti un terso specchio
Cade, e in minute scheggie si converte,
Ed un vaso di sal, che sull’altare
Stava riposto, si versò, si sparse.
Indi un allocco in sul capo al Monarca
Vola, e si ferma, e una civetta enorme
Sul capo alla Regina si riposa,
E coll’adunco artiglio le sparnazza
Le chiome nere, ed il tuppè sublime.
 (Si rasciuga il sudore)


Pant. Impaziente gli chiede come sieno alfine terminate le faccende. Truff. Dice di essere stanco di parlare in versi, che teme di annoiarli, non essendo cosa propria al suo personaggio il ragionare in versi; che terminerà in prosa. Il Re ed il popolo erano in commozione per gli auguri funesti. Leandro era giunto al Re a riferire, che Jennaro non si trovava in nessun luogo. Il Re era entrato in un grandissimo sospetto, e timore d’una ribellione del fratello. Aveva dato ordine di porre i soldati sull’armi, e che tutte le persone di Corte stessero in guardia quella notte, che si era ritirato colla sposa nelle stanze nuziali, ec. Pant. Disperato di sentire che non si trova Jennaro, dubita,