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68 il corvo.


SCENA TERZA.

Tartaglia e Millo.


Tart. (uscendo frettoloso) O Maestà, Maestà... una gran nuova

Mil. Qual nuova? Altre sciagure? Dì, Ministro.

Tart. Aspettate... attendete... è grande tanto, ch’ella m’affoga... Un messo ha portata la nuova... che vostro fratello... (prorompe in un pianto caricato)

Mil. Ahi! voi piangete? Mio fratello è morto.
Oh amato, oh caro mio fratel! Chi mai?

Tart. No, no, no; piango d’allegrezza. È qui vicino con la galera; giugnerà fra poco. Ha seco una donzella Principessa, rapita a Norando, Principe di Damasco, che ha le chiome, e le ciglia nere, le guance, e le carni vermiglie, e bianche in tutto, e per tutto, come le maledette penne, come il maledetto sangue, come la maledetta pietra del maledetto Corvo, del maledettissimo Orco.

Mil. Caro Tartaglia, ed è possibil questo!

Tart. La nuova è certissima. Un messo spedito dal Principe per terra, l’ha recata. Dice che il Principe è con la galera a porto Sportella, colà salvato da una precipitevolissima burrasca per la bravura dell’Ammiraglio Pantalone, e dice, ch’io avvisi Vostra Maestà, che rischiarato il tempo verrà alla volta di Frattombrosa. Il tempo è bellissimo; dev’esser vicino alla Città.