Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
l’amore | 35 |
Aveva avuta la carica di cuoco regio. Era rimasto nella cucina per apparecchiare il banchetto nuziale.
La scena, che seguiva dopo la partenza della Corte, è la più ardita di questa scherzevole parodia. I due partiti delli Sigg. Chiari e Goldoni, ch’erano nel Teatro, e che s’avvidero del tratto mordace, fecero ogni prova per porre in un tumulto di sdegno l’uditorio, ma tutti gli sforzi furono vani. Ho detto, che, nella persona di Celio mago, io aveva figurato il Sig. Goldoni, in quella di Morgana il Sig. Chiari. Il primo aveva fatto un tempo l’avvocato nel foro Veneto. La sua maniera di scrivere sentiva dello stile delle scritture, che si accostumano dagli avvocati in quel rispettabile foro. Il Sig. Chiari si vantava d’uno stile pindarico e sublime; ma, sia detto con sopportazione, non ci fu nessun gonfio e irragionevole scrittore seicentista, che superasse i suoi smoderati trascorsi.
Celio e Morgana avversi, e furiosi incontrandosi formavano la scena, ch’io trascriverò interamente col dialogo medesimo, e come seguì.
Si rifletta, che, se le parodìe non danno nella caricatura, non hanno giammai l’intento, che si desidera, e s’usi indulgenza ad un capriccio, che nacque da un animo puramente allegro, e scherzevole, ma amicissimo nell’essenziale de’ Sigg. Chiari e Goldoni.
Celio (uscendo impetuoso, a Morgana) Scelleratissima maga, ho già saputo ogni tuo inganno;