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34 | l’amore |
cinava, la tradiva. Le piantava nel capo uno dei due spilloni portentosi. Ninetta diventava una colomba, volava per l’aere. Smeraldina sedeva nel suo posto attendendo la Corte; si preparava a tradire Tartaglia coll’altro spillone, quella notte.
A tutto il mirabile misto col ridicolo, e le puerilità di queste scene, gli uditori informati sino dai loro primi anni dalle balie, e dalle nonne loro degli accidenti di questa fola, erano immersi profondamente nella materia, e impegnati strettamente cogli animi nell’ardita novità di vederli esattamente rappresentati sopra un teatro.
Al suono d’una marcia giungeva il Re di Coppe, il Principe, Leandro, Clarice, Pantalone, Brighella, e tutta la Corte, per levare solennemente la Principessa sposa. La nuova figura della Mora trovata, e non conosciuta per le stregherie di Morgana, faceva arrabbiare il Principe. La Mora giurava, esser lei la Principessa ivi lasciata. Il Principe non mancava di far ridere colle sue disperazioni. Leandro, Clarice, e Brighella erano allegri. Vedevano, da dove veniva l’arcano. Il Re di Coppe entrava in gravità; obbligava il figliuolo a mantenere la principesca parola, e a sposare la Mora. Minacciava. Il Principe con buffoneschi scorci acconsentiva, tutto mestizia. Si suonavano gli strumenti. Il drappello passava alla Corte per celebrare le nozze.
Truffaldino non era venuto colla Corte. Aveva ottenuto il perdono dal Principe dei suoi errori.