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10 l’amore

per censurare le Opere del Sig. Chiari, e del Sig. Goldoni, che stancavano scritte in versi martelliani colla monotonia della rima. La Fata Morgana era nimica del Re di Coppe per aver perduti molti de’ suoi tesori sul ritratto di quel Re. Era amica del Cavallo di Coppe per aver fatto qualche ricupera sulla sua figura. Abitava in un lago, vicino alla Città. Smeraldina mora, ch’era la servetta in questa scenica parodia caricata, era il mezzo tra Leandro, e Morgana. Clarice andava in furore sentendo il modo tardo, che s’usava nella morte di Tartaglia. Leandro aggiungeva dubbi sull’inutilità de’ brevi in versi martelliani. Vedeva introdotto in Corte, spedito, non sapeva da chi, un certo Truffaldino, persona faceta; se Tartaglia rideva, guariva dal male. Clarice smaniava; aveva veduto quel Truffaldino, non era possibile il trattenere le risa al solo vederlo. Che i brevi in versi martelliani di caratteri grossi sarebbero inutili. Da tali discorsi rileverà il lettore la difesa delle Commedie improvvise colle maschere contro gli effetti ipocondriaci, in confronto delle scritte in versi da’ Poeti d’allora malinconiche. Leandro aveva spedito Brighella, suo messo, a Smeraldina mora per saper ciò, che volesse inferire l’arcano della comparsa di quel Truffaldino, e a chieder soccorsi. Usciva.

Brighella, riferiva con secretezza, che Truffaldino era spedito alla Corte da certo Celio Mago, nimico di Morgana, e amante del Re di Coppe, per ragioni simili alle accennate di sopra. Che Truf-