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cxcvi prefazione.

dano perfettamente colle prime. Di tale continuità e di tale fermezza è giusto dargli lode e mi sembra che riscattino molte delle sue antiche cattiverie e debolezze, e rialzino non poco il valor morale della sua vita, come uomo e come scrittore, poichè appunto i grandi rivolgimenti politici e sociali sono la pietra del paragone per saggiare i caratteri e vedere chi ha vacillato e chi no in tali frangenti.

Carlo Gozzi morì il 4 Aprile 1806, in età di 86 anni.1 Il suo testamento, scritto di suo pugno il 13 Febbraio 1804, nell’abitazione di lui «posta nel Campo della contrada di S. Michele Arcangelo» (S. Angelo) si chiude con le parole seguenti: «Ricordo a’ miei Nipoti figli de’ miei fratelli e figli loro il timore di Dio, l’osservanza alla loro Religione e Precetti della santa Chiesa, l’obbedienza al loro Principe, i sentimenti di probità, di carità, di sincerità, di gratitudine, la moderazione nel misurare ed economizzare le loro rendite, certo essendo io che tali ricordi esatamente (sic) eseguiti saranno loro più utili di qualunque

  1. Ne dà notizia certa il Moschini, Della Letteratura Veneziana del Secolo XVIII. Tom. II, pag. 134, (Venezia, Palese 1806) colle parole: «in grande età morì ai quattro dello scorso Aprile 1806,» la data stessa dell’ediz. dell’opera. Nel Diario di Emanuele Cicogna al Museo Correr (così mi comunica il Malamani) è ricordato che Carlo Gozzi fu sepolto nell’Arca appiè dell’altare della Madonna nella Chiesa di S. Cassiano. Quest’arca fu comperata nel 1757 per la famiglia Gozzi da Antonio, padre di Gasparo e di Carlo. Sull’Arca stava l’iscrizione: Sepulcrum de Gozzi. Oggi non esiste più.