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prefazione. | cxciii |
vedemmo sviluppare....1» E lascia in tronco, e su questa reticenza le sue Memorie si chiudono. Dirlo per questo un oscurantista, un retrogrado, come molti vollero, è non intenderlo affatto. La sua avversione a quelle novità è la forma del suo patriottismo e quanto a Venezia non si potrà certo dire ch’egli si fosse ingannato.
Più invecchiava e più le brighe lo stringevano. Sempre nuove liti forensi, sempre parenti impoveriti che si rivolgevano a lui. Il poeta delle Fiabe era un uomo d’affari e godeva la fiducia di molti, che gli confidavano i proprii interessi. Non dico della famiglia Gozzi, di cui fu indubitabilmente la testa più solida e meglio organizzata. Con Gaspare, cogli altri fratelli, con le mogli di questi, coi nipoti fu buono e tollerante. Brontolava, ma poi non cessò mai di prendersene cura, sicchè moralmente la vecchiaia di Carlo Gozzi val meglio della sua gioventù, entro a quell’orizzonte ristretto e meschino, in cui la sua vita era andata a finire. Due delle sue lettere, e ancora inedite, lo diranno meglio d’altre parole. La prima è ad un suo fratello, in data 22 Febbraio 1803:
«Carissimo Fratello, ho ricevuti i tre capponi, ma, vi dico il vero, mi sono rincresciuti i soldi spesi in posta, perchè sono tre scheletri verdi, e fo assai male l’ultimo giorno del Carnovale. Pa-
- ↑ Ibid. pag. 241.
Masi. | m |