faceva rappresentare suoi drammi1 e se fino al 1805, penultimo di sua vita, si occupò dell’edizione delle sue Opere, rompendo le ultime lancie in difesa delle sue Fiabe, de’ suoi Drammi alla Spagnuola e, quel che è più, in difesa delle sue vecchie idee morali e politiche. Ciò basta a farci conoscere con che animo egli avrà assistito agli avvenimenti del 1797 e alla caduta della Repubblica. Nelle Memorie non è libero di scrivere su questo argomento. Venezia era in balia degli ultra-democratici e si sa bene che libertà lasciano costoro a tutti quelli che non pensano a loro modo. Il Gozzi adunque dice poche parole, sugli effetti della Rivoluzione Francese nella sua patria: «Venezia non restò illesa dall’essere colta nel cerchio di quella tremenda ondulazione.... Un dolce sogno della fisicamente impossibile Democrazia organizzata e durevole, fece urlare, ridere, ballare e piangere.2» E in cospetto di questo baccanale, odioso al suo cuore di vecchio gentiluomo Veneziano, si vanta d’aver predetto, circa quarant’anni prima, le ruine morali, che avrebbero cagionato le dottrine filosofiche francesi, venute allora di moda. Poi ripiglia: «Al dolce sogno della fisicamente impossibile democrazia noi
- ↑ Annibale Duca d’Atene, La Donna Contraria al Consiglio, e Il Montanaro Don Giovanni Pasquale, dove nella Scena IV dell’Att. 3, introduce per l’ultima volta la polemica letteraria fra mezzo alle vicende romanzesche del Dramma.
- ↑ Memorie cit. Parte 3, Cap. ultimo, pag. 340.