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prefazione. cxci

vi servirà di passatempo. Dio voglia che i tempi buoni resistano per vostro minor tracollo.1 La Cimene si è replicata anche iersera2 per la recita diciasette con somma fortuna. Non so se questa sera si replichi ancora, perchè non sono ancora uscito di casa. Ho la testa frastornatissima da mille imbrogli. Riverite tutti. Addio. Vostro fed. S.° e Amico, Carlo Gozzi.»


In questa lettera il poeta delle Fiabe non si riconosce più. Pare scritta da uno dei Rusteghi del Goldoni e tanto più singolare riesce quell’accenno alla recita della Cimene, il dramma ch’egli avea donato alla Ricci. È come un ultimo baleno, che striscia sul buio! Era sempre impicciato nella tregenda economica di Casa Gozzi, e contuttociò non pare ch’egli fosse assolutamente povero. Ma si lagna sempre e, se non degli affari, si lagna della sua salute. Al Massimo descrive e ridescrive infermità, tossi, raffreddori, reumatismi, flussioni. «Le nostre lettere, gli dice in un lucido intervallo, si potrebbero intitolare: gazzette ipocondriache!3» Eppure dalla poesia e dal teatro non si distolse mai del tutto, se anche nel 1799 e 1800

  1. Ma tracollo era pur sempre! In generale egli fu avverso al matrimonio.
  2. È ciò che mi fa ritenere scritta more veneto la data 6 Febbraio 1785 di questa lettera. La Cimene Pardo fu rappresentata nel 1786.
  3. Vedi Malamani, Op. cit.