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clxxxviii prefazione.

opere, ma, disgustato, diede un calcio a tutto e non ne volle saper più altro.1 Pareva ch’ei s’accorgesse per la prima volta, e come allo svegliarsi da tutto il suo sogno fiabesco, che la vita ha pure un lato serio e tristo per tutti e che «non si può sempre ridere.2» Era più solo del solito e forse un po’ abbandonato; la morte gli rapiva ad uno ad uno fratelli, sorelle, amici; la sua salute cominciava ad alterarsi. Tuttociò lo facea immalinconire e (strano a dirsi del Gozzi, derisore implacabile dei sentimentali e dei piagnolosi,) i suoi «riflessi filosofici s’accostavano alquanto a quelli di Young,3» lo scrittore sentimentale, più degno forse delle sue derisioni! Comunque, nei versi, che in questo tempo il Gozzi andava ancora componendo, si mescolano all’antica sua vena burlesca insoliti accenti dolorosi, che ben dimostrano lo stato dell’animo suo.4 A poco a poco il poeta si spense in lui quasi del tutto, e gli sottentrò una vecchiaia ipo-

  1. Memorie cit. Parte 3, Cap. 30, pag. 208. Oltre alle Dieci Fiabe, il Gozzi ha composto altre ventitrè opere teatrali, senza contare le traduzioni, in un periodo di circa vent’anni.
  2. Memorie cit. Parte 3, Cap. 4. Ibid.
  3. Memorie cit. Ibid. pag. 211.
  4. Vedi il sonetto a pag. 212 delle Memorie Parte 3. Cap. 4. e al N. 93 del Saggio Bibliograf. in fine del Vol. 2, le Ottave in Morte di Daniele Farsetti. Dopo il 1777 In sua disposizione pessimista scatta ad ogni proposito. La satira è più impersonale, ma più amara. In un sonetto, che è inedito io credo, e che mi fu favorito dall’egregio Sig. Conte Tiberio Roberti di Bassano, il Gozzi ad una ballerina che danzava a Mestre sul Teatro Balbi nel 1779, scrive: