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prefazione. | clxxi |
Rimasi ancor più attonito sentendomi dire d’una permissione che nessuno m’aveva chiesta e ch’io non aveva data. Non volli però far parole con un Mastro di casa sopra ciò, e giunto nella sala restai abbagliato dalle gran cere che ardevano, e stordito da’ servi e dalle maschere, che facevano un gran girare e un gran bisbigliare.
Il rumore che si faceva nella cucina m’attrasse a quella parte, e vidi un grandissimo fuoco, a cui bollivano paiuoli, pignatte, tegami e girava un lungo schidione di polli d’India, di pezzi di vitella e d’altro.
Il Mastro di casa cerimonioso voleva pure che io vedessi la mia stanza preservata, chiusa con gran diligenza, e ch’entrassi in quella.
Mi dica di grazia, mio Signore (diss’io) sino a qual’ora dura questo tumulto?
Ma veramente (rispose il Mastro di casa) per tre notti consecutive egli dura fino a giorno.
Ho ben piacere (diss’io) d’aver avuta cosa al mondo ch’abbia potuto accomodare alla famiglia Bragadino. Ciò m’ha cagionato un onore. Riverisca le Eccellenze Loro. Vado in traccia tosto di trovarmi un alloggio per i tre giorni e le tre notti consecutive, avendo somma necessità di riposo e di calma.
Oibò (rispose il Mastro di casa) ella deve riposare nella sua casa e nella sua stanza serbata con tutta l’attenzione.
No, no certamente (diss’io). La ringrazio della cortese sua diligenza. Come mai vorrebb’Ella ch’io dormissi con questo fracasso? Il mio sonno è sottile.... E passai ad abitare pazientemente per i tre giorni e le tre notti consecutive in una locanda.1»
In realtà questo racconto ha un non so che di fiaba e rassomiglia ad una di quelle avventure
- ↑ Memorie cit., Parte 3, ibid.