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prefazione. clxix


prese la mano baciandola. Carlo Andrich guardava me, io guardava l’Andrich; eravamo due simulacri. Finalmente chiesi al greco per chi mi prendesse. Oh bella! (diss’egli) non siete voi il mio caro amico Costantino Zucalà? L’Andrich si stringeva le coste per non crepare dal ridere, ed io ebbi fatica sette minuti a persuadere il greco, ch’io non era il signor Costantino Zucalà. Fatta ricerca sulla mia somiglianza col Signor Zucalà a chi lo conosceva, fui assicurato che quel Signore, onorato mercante, era un uomo di bassa statura, pingue e che non aveva grano di somiglianza con me.1»


Passando ora a rivelare la «centesima parte» dei Contrattempi, dai quali fu sempre afflitto, il Gozzi narra con tono di malinconica desolazione che se lo coglieva la pioggia per istrada, aspettava ore ed ore, sotto un portico, nella speranza che cessasse. Non c’era caso! Si risolveva allora ad affrontarla e giungeva in casa bagnato come un pulcino. Appena toccava la soglia dell’uscio, eccoti il sereno e un sole di paradiso. Se volea star solo per leggere o scrivere, eccoti un seccatore ad interromperlo. Se si metteva a radersi la barba, ecco persone d’alto affare, che lo ricercavano con premura, e la barba rimaneva mezza fatta e mezza da fare. Se, sorpreso per via da una piccola necessità naturale, cercava un viottolo solitario, ecco due signore, che capitavano proprio da quel lato. Ne cercava un’altro, ed eccoti altre due signore, che uscivano da una porta vicina.

  1. Memorie cit., Parte 3, Cap. 1.