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prefazione. cliii

(che Carlo Gozzi lodò nella sua Chiacchiera inedita) chiama l’autore delle Fiabe «corruttore del nostro teatro italiano.... Se le sue favole riscossero l’approvazione degli ignoranti gondolieri, caddero ben presto nel disprezzo dei colti uomini.» E nel 1782 (l’anno in cui scrive) annunzia già morti e sepolti gli effimeri trionfi del Gozzi.1 L’eruditissimo Gennari (che pure era dei Granelleschi) scriveva al Patrizio Battagia, proprio nel maggior fervore della rappresentazione delle Fiabe: «Camminando di questo passo torna a cadere il teatro comico in quegli stessi o somiglianti difetti, dei quali negli ultimi tempi s’è procurato di liberarlo colla sostituzione delle commedie di carattere alle vecchie filastroccole dei commedianti secentisti. Quanto a me avrei cercato di correggere e di emendare gli errori del Goldoni e del Chiari, anzichè gettarmi all’estremo opposto e introdurre una foggia di rappresentazioni inverosimili e romanzesche.2» Ed il Napoli Signorelli, discorrendo delle Fiabe nella sua Storia: «notabile è l’arte, scrive, adoperatavi dal-

    il meraviglioso del Dramma. (Rivoluzioni del Teatro, Tom. I, Cap. VI). — Per le lettere del Cesarotti e del Taruffi vedi: Epistolario del Cesarotti, Tom. I. Delle Opere (Ediz. Capurro) Tom. 35.

  1. Vannetti, L’Educazione Letteraria del Bel Sesso raccomandata e promossa. (Milano. Pirotta 1833) pag. 5.
  2. Lettere Famigliari (Venezia, Alvisopoli 1829). Lett. al Patrizio F. B. del 3 Febbraio 1763.