sue varie opinioni sul Gozzi, Nella corrispondenza epistolare del Cesarotti col Taruffi senti tutto il razionalismo pedantesco e pretensioso di due abati filosofi del secolo XVIII. «Credereste voi, scrive in francese il Cesarotti al Taruffi, che esista un paese al mondo, dove gli Orfanelli della China, i Tancredi, le Semiramidi non giungono senza sbadigli alla quarta rappresentazione?.... Dove? presso gli Uroni o i Topinambù? No. A Venezia. Per compenso abbiamo Fiabe e Fole, che si rappresentano le trenta volte di seguito in mezzo ai più cocenti entusiasmi. Crederete forse che si tratti degli Oracoli di Saintfoix, delle novelle di Marmontel, racconciate dal Favart.... Pover’uomo! Come siete a mille miglia dalla squisitezza del nostro gusto!... Sono le Tre Melarance, i Re Corvi (sic), i Re Cervi, i Mostri Turchini e altri di questa risma. E le più gravi persone assicurano che sono opere moralissime e dilettevolissime, contenenti allegorie profondissime e tutti i misteri dell’umana saggezza!» Ed il Taruffi gli rispondeva, pure in francese, da Varsavia, che avea vista rappresentare a Bologna una delle sublimi corbellerie del Gozzi, il Corvo. Gli eleganti, che erano stati a Venezia, la lodavano. Ma egli, l’abate filosofo, era scappato via inorridito per timore di smarrire il senso comune.1 Il Vannetti
- ↑ Tutti così questi abati filosofi dei secolo scorso! Anche l’Arteaga giudica da questo punto di vista del ragionevole