dali, il Conte Gozzi, e Napoleone III, l’ultimo dei Cesari, e si scaglia contro lo Schack, il quale ebbe il coraggio di chiamar il Gozzi il più grande poeta drammatico (der grösste dramatische Dichter)1 dell’Italia. Il Gozzi è un volgare impiastricciatore di colori. Nessuno loda più questo aristocratico retrivo, salvo qualche sperduto fantaccino della vecchia falange macedonica degli Schlegel.2 Con maggior diligenza di tutti questi critici impressionisti, se mi è permesso di chiamarli così, ha studiato il suo tema Alfonso Royer, elegante traduttore Francese di cinque Fiabe del Gozzi, e con più sicura equità ha giudicato il poeta. «Giudicarlo, dic’esso, non è facile.... Al lettore straniero massimamente occorre un certo sforzo di buon volere per gustare quelle quattro Maschere, introdotte dal poeta fra le più disparate azioni drammatiche e che vi appariscono innanzi in ogni tempo e luogo con la loro individualità convenzionale ed il loro grazioso linguaggio, bene spesso triviale. Quel miscuglio di poesia fantastica e di racconti di vecchie nonne, che ricorda a un tempo stesso l’Ariosto e i cantastorie di piazza, affetta inoltre una certa andatura Spagnolesca, che salta agli occhi a prima vista. E qua
- ↑ Schack, Geschichte der Dram. Literatur und Kunst in Spanien. — 3 Bd.
- ↑ J. L. Klein, Geschichte dea Dramas. — Das italienische Drama. — Dritter Bd. — Erste Abtheilung. — 650-778. (Leipzig. Weigel. 1868).