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prefazione. cxli

più pazze fantasie, delle chimere della fiaba e trascinare per ogni guisa lo spirito degli uditori al di là dei confini del reale e del vero. Piacque immensamente al suo tempo ed è forse l’autor comico, il cui genere meglio convenga all’immagizione italiana.1» Da quest’opinione si scosta il Sismondi, a cui le opere teatrali del Gozzi non sembrano veramente conformi al gusto italiano. Le ritiene piuttosto una reazione contro i precetti classici; ma piglia talmente sul serio gli incantesimi delle Fiabe da assicurare che gli Italiani non se ne gloriano, perchè, essendo superstiziosi, non voglion apparir tali.2 Giudizi leggeri e meschini, che dinotano altresì una mediocre cognizione dell’argomento. Migliori e certamente più graziosi e dilettevoli intorno al Gozzi sono i ricami e le amplificazioni romantiche di Filarete Chasles e di Paolo De Musset. «Vedete voi quell’uomo alto, pallido, bruno, dallo sguardo fisso e penetrante, dal passo lento, che nel 1780 porta la maestosa parrucca del 1735, i ciondoli d’oro d’un vecchio Senatore, e i rovesci dell’abito all’antica? Egli abita un palazzo, che casca a pezzi, in una repubblica, che fa altrettanto, e non esce di casa

  1. Mad. De Staël, Corinne ou l’Italie. Livre Septieme Chap. II pag. 140, (Edit. Garnier.)
  2. Sismondi, De la Littèrature du midi de l’Europe, Tom. 1. Chap. XIX. Soggiunge che Fiaba è parola impropria e poco usata in Italia, del che giustamente lo deride il Tommasèo.