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prefazione. cxxxiii

pontefice dei Romantici tedeschi, Agostino Guglielmo Schlegel, pigliasse nel 1808 sotto le sue grandi ali la gloria di Carlo Gozzi, uno storico letterario insigne, Federico Bouterwek, nel 1802, pronunciava sul Gozzi un giudizio, per molti lati giusto e definitivo. Con acuto intuito il Bouterwek congiunge quella ch’egli chiama la rivoluzione teatrale del Gozzi alla commedia popolare del Ruzzante. Questi avea tentato nel secolo XVI di nobilitare la commedia dell’arte ed il Gozzi ripiglia tale tentativo in onta al Goldoni, e quasi per burla, poi lo continua per genio e, si direbbe, inconsapevolmente. A voler conservare la commedia dell’arte bisogna non toglierle il suo carattere di spettacolo irregolare e bizzarro e nel tempo stesso nobilitarla con lo spirito e l’ingegno. È appunto ciò che il Gozzi ha fatto ed applicare a lui, per criticarlo, la precettistica della commedia e della tragedia regolare varrebbe quanto giudicare l’Orlando Furioso alla stregua dell’Iliade. La mescolanza d’estemporaneo, di serio e di burlesco, che il Gozzi conserva della commedia dell’arte e maneggia con buon gusto ed abilità, è il suo maggior titolo di gloria. Non c’è pantomima buffonesca ch’egli non sappia concepire poeticamente, e se non si può, come qualcuno ha preteso, paragonarlo allo Shakespeare, le sue Fiabe, sotto certi aspetti, sono superiori a tutte l’altre commedie e