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prefazione. cxxxi

tono il fondo poetico della Fiaba del Gozzi e tolta ai personaggi quella rigidità automatica da marionette, che non poteva piacere ad un pubblico, com’era quello del teatro di Weimar. Ma neppure il Körner si capacitò di quest’idea dello Schiller e gli scriveva il 15 Febbraio 1802 che confrontando la sua riduzione con la Fiaba del Gozzi preferiva anch’esso il Gozzi, quasi per le stesse ragioni, che adduce l’Haym.1 Fra questi contrasti e queste racconciature il vero Gozzi s’andava via via trasfigurando. La parte burlesca delle sue fiabe era presa sul serio, la parte seria (o che tale almeno era stata nella mente del Gozzi) si considerava un difetto da emendare od una concessione da lui

  1. Schiller’s Briefwechsel mit Körner, Zweit: Theil: 1793-1803 (Leipzig 1878), Briefen 2 Nov. 1801, 16 Nov. 1801; Körner, 15 Febb. 1802. Al Gozzi (checchè si possa pensare della riduzione, che lo Schiller fece della Turandot) toccò certo colla traduzione dello Schiller un grande e invidiabile onore. Ma gliene toccò forse uno maggiore ancora, che si rileva dalla corrispondenza dello Schiller col Goethe. Vedi: Briefwechsel zwischen Schiller und Goethe, in dem Iahren 1794 bis 1805. Zweiter Band. (Stuttgart 1870) Briefen 832, 834, 835, 837, 838, 851, 934. Da queste lettere si rileva che il Goethe si occupava della rappresentazione della Turandot, che dal Gennaio del 1802 essa fu rappresentata a Weimar molte volte in quell’anno, nel seguente e nell’anno 1804. I due maggiori ingegni poetici della Germania si occupavano amorosamente di quest’opera del nostro Gozzi, curavano ogni particolarità della recita e, quasi per esercizio di fantasia, si divertivano a variare gli enigmi, che Turandot deve proporre al Principe Kalaf. Dico che si occupavano di un’opera del nostro Gozzi, perchè, toltone lo stile poetico, che variò molto, lo Schiller veramente tradusse la Turandot.