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prefazione. cxxv

gione o per un’altra, trovò grazia il nostro Gozzi, e massime colla scuola Romantica tedesca, alle cui simpatie non solo lo raccomandavano, come a guerriglieri dello Sturm und Drang periode, la libertà della sua poetica teatrale, ribelle (si può giurare) ad ogni canone di precettistica classica, ma altresì la tendenza (in questo caso la parola è storica) la tendenza tilosofica, politica e morale delle sue Fiabe, e quel suo rinfrescare vecchie favole e superstizioni popolari e medievali. Stando ai principii, dai quali moveva la scuola Romantica tedesca ed ai fini, ai quali deliberatamente intendeva, non si può negare che una certa affinità fra essa ed il Gozzi non esista. Se non che, anche quando le Fiabe si sollevano dalla guerricciuola dei Granelleschi contro il Goldoni e mirano più in alto, l’intento satirico primeggia sempre nella mente del Gozzi, ed il miracoloso, il mitico, il soprannaturale, il fantastico, per cui lo pregiano tanto i Romantici tedeschi, sono nell’opera sua coefficienti estrinseci e secondari, ch’egli raccoglie qua e là da fonti note e da lui stesso schiettamente indicate, ma ai quali non dà egli stesso alcuna principale importanza. Debole dunque è il filo, per cui il Gozzi s’attiene ai Romantici tedeschi e ben s’intende come, per avvincerselo di più forti nodi, essi abbiano dovuto trasformarlo alcun poco a posta loro. Letterariamente egli può e deve essere annoverato fra i precursori del Romanticismo italiano, per lo meno allo stesso titolo che (direbbe