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cxxii prefazione.

ficcando in essi que’ suoi maledetti Pantaloni, e Arlecchini, e Tartagli, e Brighelli, che non doveva mostrare se non sulla scena per dar gusto alla nostra canaglia. Indotto dal suo matto amore alla compagnia del Sacchi o, com’egli sguaiatamente dice, Truppa Sacchi, egli ha fraudata l’Italia d’una gloria, che le poteva aggiungere con poco sconcio ed ha poi resi del tutto inutili a molti italiani e ad ogni straniero que’ drammi suoi. Qual’è lo straniero che voglia o possa darsi allo studio del dialetto viniziano e rendersi così atto ad intendere.... che? delle pantalonate scipitissime, che ti fanno cascar le braccia? E non potendo intendere un dramma intiero, chi vorrà comperarlo? chi leggerlo? Che bel trovato per rendere inutilissime tante sue belle e bizzarre e poeticissime invenzioni ai tanti amanti della lingua nostra oltramontani e oltramarini! Puossi avere il cervello più stravolto, più sgangherato! Lascio andare quella vergognosa sua trascuratezza nel ripulire la lingua e lo stile d’ogni cosa sua. E sì, che sua Signoria si vorrebbe pure spacciare per uno de’ più rigidi puristi su questi du’ punti! Il disegno della sua Marfisa è altresì molto poeticamente concepito e nuovo e bello quanto si possa dire; ma il diavolo si porti l’ottava, che non ha qualche macchia o nella lingua o nel verseggiamcnto. L’edizione poi ha la coda impiombata da una scomunicata versione delle satire di Boileau, che l’aiuterà di sicuro ad affondarsi presto nel fiume dell’obblio; tanto più che