si dolesse, forse per amore della sua Marfisa, delle lodi date al Mattino del Parini. Il fatto però che il Baretti potè leggere due Fiabe manoscritte e gli offerse poi di tradurle in inglese, dinota non aver forse il Gozzi detta tutta la verità in questa occasione. Certo non fu tra essi l’intrinseca amicizia che tra Gaspare e il Baretti. Ciò si rileva anche da altre lettere al Bujovich, dove, per esempio, il Conte Carlo non è mai compreso in quelle filze di affettuose salutazioni a tutti e singoli di casa Gozzi, di cui il Bujovich è sempre incaricato. Però, a quando a quando, il Baretti lo ricorda con amicizia riverente e nel 1772, fermo ancora nell’idea di tradurre le Fiabe, chiede «se v’è speranza che il Conte Carlo dia mai alla luce le sue commedie,1» nel 77, saputele stampate, mostra il desiderio d’averle subito,2 e finalmente riscrive d’aver ricevuto lettera dal Conte Carlo, il quale promette egli stesso di mandargliele.3 Non sono questi i rapporti di due persone, conosciutesi appena di veduta, tredici o quattordici anni prima. Ma le lodi pubblicamente date dal Baretti a Carlo Gozzi, ripetendo in pari tempo i vituperi al Goldoni, avevano rieccitate le collere degli amici di questo; il Goldoni, che già privatamente avea scritto del Baretti col più al-
- ↑ Baretti, Ediz. cit. Tom. cit. Lettera 120 del 14 Febbraio 1772.
- ↑ Baretti, Ibid. Lett. 123 del 24 Gennaio 1777.
- ↑ Baretti, Ibid. Lett. 127 del 9 maggio 1777.