direi una verità, ma dimostrerei una di quelle sciocche albagie, colle quali i boriosi provano il merito delle opere loro.1» Per qual ragione il Gozzi non acconsentì alla domanda del Baretti, il quale era perfetto conoscitore della lingua Inglese, ed amico in Londra del Garrick, del Burke e d’altre persone d’alto affare? Dubitò esso del buon successo? È probabile. Era, come abbiamo visto, meravigliato egli stesso dei trionfi delle Fiabe e non osò forse avventurare queste povere figlie d’Oriente tra le brume nebbiose di Londra e lo spirito positivo degli Inglesi. Quanto a tacere il nome del Baretti, che gli aveva fatta la proposta, ciò mi conferma nel dubbio già espresso, ch’egli lo conoscesse un po’ più di quel che vuol lasciare apparire. Parlando delle lodi dategli dal Baretti nel suo libro inglese sugli Italiani,2 il Gozzi le riporta, smisuratamente gonfiate, da una cattiva traduzione francese, se ne compiace assai e ricambia le lodi, quindi soggiunge: «io non ebbi giammai pratica confidenziale coll’Autore, nè lo conobbi
- ↑ Qui allude (non se ne scorda mai) al Goldoni, il quale, durante i battibecchi letterari coi Granelleschi, in un accesso insolito d’orgoglio, s’era lasciato sfuggire questo brutto verso: «Vanto l’opre tradotte in più d’un suolo.» Non saprei dire quante volte il Gozzi gliel’abbia rinfacciato! La lettera al Patrizio Minio serve di dedica al Tomo 11 dell’Ediz. delle Opere del Gozzi 1772.
- ↑ An Account of the Manners and Customs of Italy, Vol. 1. Chap. XII. «In the years 1764 and 1705 I have seen acted in Venice ten or twelve of Gozzi’s plays, and had even the perusal of two or three of them in manu-