dopo il Re de’ Genj e non perchè il fonte loro fosse inaridito (e forse farò ciò vedere un giorno, e quando il capriccio mi parrà usato a un util proposito) ma persuaso da quel principio, che ogni genere abbia la sua certa decadenza naturalmente per quell’aria di somiglianza e d’imitazione nell’indole, difficilissima, dopo un lungo corso, da poter evitare. Credei miglior cosa il lasciare il Pubblico desideroso, che nauseato di questo genere.1» Il 15 Febbraio 1768 Giuseppe Baretti chiedeva da Londra al Conte Vincenzo Bujovich: «Quante commedie nuove ha fatto il Conte Carlo Gozzi dopo la mia partenza da Venezia? Quanto pagherei se potessi avere il Mostro Turchino! Vorrei tradurlo in inglese e mi darebbe l’animo di farlo rappresentar qui con molto mio emolumento.2» A sua volta il Gozzi nel dedicare al Patrizio Giovanni Minio un volume delle sue Opere, e senza nominare il Baretti, scriveva: «s’io vi dicessi, che (le fiabe) mi furono chieste in Inghilterra da persone, che le videro rappresentare nella vostra inclita Patria (Venezia), per esser tradotte, ed esposte ne’ teatri di Londra e ch’io negai di darle, vi
- ↑ Prefazione al Zeim Re de’ Genj. Fece altre opere teatrali, dalle quali il meraviglioso non è escluso. Ma vere Fiabe non più. Una sol volta accenna d’averne posta un’altra in ossatura coll’intenzione di comporla. Era intitolata la Pulce. Ma, morto il macchinista della Compagnia Sacchi, non diede alcun seguito a quest’idea. Vedi: Prefazione al Tom. VIII (Ediz. 1772, 74.) pag. 14, 15.
- ↑ Baretti, Ediz. Milan. dei Classici. Tom, cit. Let. 95.