e Zeim Re de’ Genj, rappresentata il 25 Novembre 1765,1 nelle quali, come nell’Amore delle Tre Melarance, tornò a mescolare di proposito, e non soltanto per incidenza, la fiaba, la parodia e la satira, non più di battibecchi letterari, bensì delle dottrine filosofiche e morali degli Enciclopedisti Francesi, che già erano in voga. Ma l’Augellino Belverde è il vero epilogo, la conclusione solenne delle Fiabe Gozziane. Il Re de’ Genj non è che un’appendice, un soprappiù, ed il Gozzi stesso ne parla poco e mostrando di non curarla. Notevolissimo è però (quantunque l’azione vi proceda un po’ disordinata e slegata) come manifestazione delle idee morali e politiche del Gozzi. Zeim, Re de’ Genj, opera in sostanza tutti i suoi portenti e sottopone altri alle prove più dure nell’interesse dei principj conservatori. È un Bonald o un De Maistre sotto le forme d’un negromante mostruoso; creazione fantastica, che, come il Mostro Turchino, il Gozzi desume in parte dai racconti orientali, in parte costruisce da sè; che tiene del gnomo, del demone, dell’animalesco e dell’umano, e vagamente ricorda il Calibano della Tempesta dello Shakespeare. La fedeltà d’una schiava, allevata nella più ingenua fede in Dio, nella sommes-
- ↑ Le Fiabe furono Intramezzate da due drammi che appartengono alla seconda maniera del Gozzi, quella dell’imitazione del Teatro Spagnuolo, e sono intitolati: Il Cavaliere Amico e Doride, rappresentati entrambi nel 1763 con scarsa fortuna.