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prefazione. cix

mette nella bocca a Zelou (quasi il poeta antiveda le troppo rapide vicende della sua fama) questa singolare profezia:

Tempo verrà, che le trasformazioni,
Ch’io son per cagionar, servir potranno
D’allegorici casi, e i sprezzatori
Mostri saranno, com’io son, cercando
Di trasformar sè stessi in nuovo aspetto
Grato nel mondo, trasformando altrui,
Se mai potranno, in abborriti mostri.1

Lo stranissimo argomento di questa fiaba è però svolto e condotto con abilità magistrale, e se il Gozzi osò qualche volta vantarsi inspirato dall’esempio del Boiardo, dell’Ariosto e del Tasso nel ritornare, che fa, agli «impossibili e mirabili avvenimenti2» dei poemi cavallereschi ed eroici, qui oltre ad atteggiare un eroe, che per amore o per espiare colpe sue o d’altri deve affrontare imprese di straordinaria temerità (fondo comune delle fiabe popolari in genere e di quelle del Gozzi in particolare), qui, con vera efficacia satirica e comica, contrappone all’ideale cavalleresco l’egoismo filosofico moderno.3

Le ultime due Fiabe del Gozzi furono L’Augellino Belverde, rappresentata il 19 Gennaio 1765,

  1. Vedi nel Vol. II, Il Mostro Turchino, Atto I, Scena I, pag. 204.
  2. Prefazione al Corvo.
  3. Vedi nel Vol. II, Il Mostro Turchino, Atto IV. Sc, VI, pag. 278-79.