e l’umore burlesco dei Veneziani, ond’è che questa Maschera si piglia licenza talvolta di deridere persino tutto quel diavoleto di forze magiche, che il Gozzi scatena, ed a cui sono in preda i personaggi delle Fiabe. Notevole è pure nel Negromante del Corvo (come in altre Fiabe del Gozzi), ch’egli subordina al concetto antico del fato,1 (dal Cristianesimo trasformato in Provvidenza divina) anche la potenza dei Maghi. Non sempre la potenza magica rappresenta il principio del male, come pura forza demoniaca, che s’oppone e contrasta al principio del bene, e con esso divide il governo delle umane vicende. Più spesso il Mago agisce esso pure in forza d’una condanna e per questa via il Gozzi sottomette in certo modo al concetto cristiano dell’espiazione della colpa anche la capricciosa forza della Magia. Ma la soluzione di quei grandi inviluppi magici, intorno ai quali si ravvolge la Fiaba, non è sempre nel Gozzi artisticamente felice. Nel Corvo, per esempio, col suicidio della sposa la tragedia giunge al suo punto massimo. Anna Radcliffe ne’ suoi spaventosi romanzi spiega all’ultimo come effetti naturali i misteri delle sue fantasmagorie e scema essa pure l’effetto artistico, che aveva prodotto. Ma che dire del Gozzi, il quale, per opera dei Mago fa risuscitare la morta sposa del Re Millo
- ↑ Corvo. Atto V, Scena 5, pag. 126. La Reggia di Millo è paragonata a quella di Edipo.