la collera del padre suo Norando, il negromante, contro i due fratelli. In questa trovata c’è veramente il poeta drammatico. Ma il Gozzi si vanta assai più d’essere riescito a fare del Negromante un carattere e avverte: «Scorgerà il mio lettore in qual aspetto nobile e differente da tutti gli altri goffi maghi delle consuete commedie dell’arte io abbia voluto porre i negromanti, ch’entrano nelle mie Fiabe.1» Eccolo dunque a tentare coll’ingegno una quasi impossibilità artistica, quella di fare ciò, che nell’arte comica si dice un carattere, in esseri sottoposti alle leggi fatali della magia. Di più, eccolo costretto subito nella seconda Fiaba a restringere il più possibile le parti lasciate all’improvvisazione dei comici ed a passare dalla prosa al verso, «condotto non solo, dic’egli, dal capriccio, ma dalla necessità e dall’arte. In alcune circostanze di passione e forti, scrissi le scene in versi, sapendo, che l’armonia in un dialogo ben verseggiato dà della robustezza a’ rettorici colori e nobilita le circostanze ne’ serii personaggi.2» Per tal guisa, ridotta quasi a nulla l’improvvisazione, cercata la commedia di carattere persino nella Fiaba, e nei momenti migliori del dramma scartata la prosa pel verso (sia pure non martelliano), il Gozzi è già ben lontano da’ suoi primi propositi, e costretto egli stesso a trasmutare pro-
- ↑ Prefazione cit. al Corvo.
- ↑ Prefazione cit. al Corvo.